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Circolare: 1429 - PIETRO BEMBO E L'INVENZIONE DEL RINASCIMENTO - Attività Culturali

1429 - PIETRO BEMBO E L'INVENZIONE DEL RINASCIMENTO DA BELLINI A TIZIANO, DA MANTEGNA A RAFFAELLO

il 06.04.2013

Data di pubblicazione: 09 Gennaio 2013
Adesioni entro: 23 Gennaio 2013

Il Settore Cultura è lieto di invitarvi ad un'altra interessante mostra a Padova, Palazzo del Monte di Pietà Piazza Duomo 14 SABATO 6 APRILE 2013 ORE 16,15 E 16,30

Iscrizioni chiuse

Responsabile: Andrea Suriano

La mostra

 

La Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo annuncia l’evento espositivo del 2013:  a Palazzo del Monte di Pietà, si accenderanno i riflettori sulla mostra Pietro Bembo e l'invenzione del Rinascimento che riporterà a Padova, dopo cinque secoli, i capolavori della collezione che l’intellettuale veneto, poi divenuto cardinale, aveva riunito nella propria casa, ancora esistente nell’attuale via Altinate. 
La grande mostra Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento. Da Bellini a Tiziano, da Mantegna a Raffaello, che negli scorsi mesi è stata preceduta da un convegno internazionale di approfondimento, è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo insieme al Centro Internazionale Andrea Palladio e con il patrocinio del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali.

 

La “sensualità” del collezionista

In una lettera del 1542 Bembo si riferisce alla sua passione per gli oggetti d’arte come “a questa mia sensualità”. E’ un’espressione che ben rappresenta il rapporto singolarmente intimo del collezionista con gli oggetti della propria raccolta, che evoca il piacere del tatto, dell’osservazione ravvicinata, della scoperta delle qualità formali ed espressive nonché dei significati dell’opera attraverso il contatto quotidiano e prolungato.

 

“Roma trasferita in Padova”: la collezione agli occhi dei contemporanei

Dopo la pubblicazione degli Asolani (1505) e delle Prose della volgar lingua (1525) Bembo è indubbiamente il letterato più famoso d’Italia. Rientrato nel Veneto da Roma alla morte di Leone X nel 1521, egli stabilisce la propria residenza a Padova, compra una casa con annesso orto e giardino, e si dedica interamente agli studi prediletti e al collezionismo. La casa di Padova divenne per circa un ventennio il centro di una fitta rete di relazioni e di scambi culturali, unanimemente celebrati dai contemporanei, che ben ne compresero la centralità nella vita intellettuale dell’Italia del tempo. Per Pietro Aretino sembrava addirittura che Roma stessa col Bembo si fosse trasferita a Padova, mentre Benedetto Varchi celebrava la dimora di via Altinate come “un pubblico e mondissimo tempio consacrato a Minerva”. Tutti i commentatori sottolineano la funzionalità e comodità della casa padovana, il suo bellissimo giardino, la capacità di Bembo di intrattenere i numerosissimi ospiti – italiani e stranieri – non solo ragionando di “lettere” ma anche “di medaglie, et scolture, et pitture antiche et moderne”. Gli ospiti erano ansiosi di incontrare il proprietario, una vera celebrità, ma anche di ammirare la ricchissima biblioteca, ricca di preziosi volumi a stampa e di manoscritti antichissimi, “le anticaglie famose” (Aretino), i dipinti, le sculture, le monete, le gemme, i vasi.

 

Marcantonio Michiel in visita a Padova

La collezione Bembo è al tempo stesso un deposito di memorie familiari ed esistenziali e uno strumento di lavoro. Bembo non aveva neppure lontanamente le possibilità economiche dei principi secolari o ecclesiastici del Rinascimento, ed è pertanto lo strettissimo legame con la sua personalità, i suoi gusti, i suoi interessi scientifici e le sue inclinazioni personali a costituire il fascino e l’unicità della sua raccolta d’arte. Una raccolta che testimonia anche i suoi rapporti personali di amicizia con alcuni dei maggiori artisti del suo tempo, da Bellini a Raffaello. Per fortuna, un patrizio veneziano amico di Bembo e amante dell’arte, Marcantonio Michiel, ci ha lasciato delle preziose note manoscritte (conservate nella Biblioteca Marciana di Venezia), redatte intorno al 1530, che contengono una descrizione piuttosto dettagliata dei capolavori della collezione, descrizione che consente la ricostruzione che viene presentata per la prima volta in questa mostra. Alcuni oggetti appartenevano già al padre Bernardo, colto umanista e diplomatico, come per esempio il bellissimo dittico di Hans Memling (oggi suddiviso fra Washington e Monaco di Baviera), che verosimilmente lo stesso Bernardo aveva commissionato al grande pittore fiammingo durante la sua ambasceria nella Fiandre al principio degli anni settanta del Quattrocento. Altri dipinti senza dubbio invece se li era procurati Pietro: non sappiamo purtroppo come Bembo sia venuto in possesso del poderoso San Sebastiano di Andrea Mantegna (Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Cà d’Oro), un’opera tarda del grande pittore padovano che era rimasta nello studio mantovano alla morte dell’artista. E’ possibile che Bembo abbia ottenuto il prezioso dipinto tramite i buoni uffici della marchesa di Mantova Isabella d’Este, con la quale sono testimonianti intensi ed affettuosi rapporti epistolari. Alla personale amicizia con Raffaello si deve invece far risalire la presenza nella collezione padovana del Doppio ritratto di Andrea Navagero e Agostino Beazzano (Roma, Galleria Doria Pamphili), che raffigura due grandi amici di Bembo, con i quali il letterato aveva condiviso gli anni dorati alla corte di papa Leone X, e che Pietro lascerà in eredità proprio all’amico Beazzano. Le antichità si devono soprattutto alla grande passione di Pietro: teste in marmo e in bronzo, sculture, monete, gemme intagliate, vasi. Spiccavano fra esse la sublime testa di Antinoo (Napoli, Museo Archeologico Nazionale), il celebre favorito dell’imperatore Adriano, e la testa bronzea del cosiddetto Servilius Ahala (Napoli, Museo Archeologico Nazionale), che Bembo credeva raffigurasse l’imperatore Antonino Pio, la statuetta di un Cupido disteso e dormiente. Questi non erano solo oggetti preziosi, ma erano per Bembo anche oggetti di studio, opere che gli consentivano di avere come vivi davanti agli occhi gli amati protagonisti della storia greca e romana.

 

La dispersione

Nonostante nel proprio testamento Bembo avesse specificato che la raccolta non doveva essere smembrata, a partire dagli anni Sessanta del Cinquecento il figlio Torquato avviò una serie di vendite, disfandosi progressivamente di tutti i pezzi più prestigiosi della collezione, dai manoscritti alle monete, dalle sculture ai dipinti. Le lettere degli agenti e degli “antiquari” dell’epoca sono piene di notizie circa gli oggetti che Torquato offriva in vendita, talvolta fornendoci notizie inedite su pezzi che non erano stati descritti dal Michiel e consentendoci così di farci un’idea ancor più precisa dell’originaria consistenza della raccolta. Le vie della dispersione furono però anche tortuose e talvolta è assai difficile seguire il destino di tutti gli oggetti. Molte opere furono acquistate dai più importanti collezionisti del tempo, le grandi famiglie principesche dei Farnese, dei Medici, dei Gonzaga, addirittura dei Wittelsbach a Monaco di Baviera. Nel 1592, ad esempio, dopo un’estenuante trattativa, il duca di Mantova Vincenzo Gonzaga riuscì ad accaparrarsi la Tabula Isiaca (oggi a Torino, Museo Egizio), una grande lastra in bronzo di epoca romana (I sec. d.C.) intarsiata con metalli di vari colori con geroglifici e figure, definita “famosa” in una lettera dell’agente che trattò l’acquisto per conto del duca. Si tratta di una testimonianza importantissima del gusto di Bembo per la civiltà dell’antico Egitto e in particolare della sua misteriosa scrittura, che esercitava un grande fascino sugli uomini di cultura del tempo. Alcuni dipinti vennero ereditati dalla figlia Elena, che aveva sposato il nobile veneziano Pietro Gradenigo: essi rimasero in casa Gradenigo fino alla caduta della Repubblica di Venezia a fine Settecento, ma poi anch’essi – come il San Sebastiano di Mantegna – presero la via del mercato dell’arte.

Così, a quattrocento anni dalla sua dispersione, sarà per la prima volta possibile, grazie alle capillari e pazienti ricerche condotte in occasione di questa mostra, ricostruire concretamente la famosa collezione d’arte che il più grande letterato del Cinquecento aveva raccolto nella sua casa di Padova.

 

Abbiamo opzionato 50 biglietti per la mostra

 

n.b. Resta inteso che gli orari delle due visite sono indicative nel senso che l’Organizzazione potrà spostare i partecipanti secondo il numero delle richieste pervenute.

 

I Gruppi da 25 partecipanti ciascuno raggiungeranno la sede espositiva con mezzi propri ed il ritrovo è fissato davanti al Palazzo del Monte di Pietà in Piazza Duomo 14 – Padova ( 300 metri da Piazza delle Erbe), quindici minuti prima dell’inizio delle rispettive visite.

 

 

 

 

Costo per i SOCI   € 5,00 

   Costo per gli OSPITI    €. 9,50   

 

 

Costo per i SOCI UNDER 18    GRATUITO

 

 

La quota comprende:

- ingresso alla  mostra con visita guidata

- Assicurazione per R.C. Rischi Diversi (1,00.€ a persona) applicata alla polizza globale  stipulata dal Circolo Dipendenti BPVI con SAI Fondiaria.

 

 

Le prenotazioni dovranno pervenire alla Segreteria del Circolo Dipendenti, preferibilmente a  mezzo  fax o via mail,  utilizzando  l’allegato  modulo,  entro Venerdì 23 Gennaio 2013  e saranno accolte sulla base dell’ordine cronologico di ricevimento, dando la priorità ai Soci, secondo le consuete modalità.

 

CIRCOLO DIPENDENTI B.P.VI.